domenica 20 gennaio 2013

TREKKING VAL VARAITA-UBAYE-VAL MAIRA



 INFO: 

trekking estate 2011
1° giorno: S. Anna di Bellino (1850 slm) - Bivacco Boerio (3089 slm)
2° giorno: Bivacco Boerio - Maljasset (1905 slm)
3° giorno: Maljasset - S. Anna di Bellino, passando dal colle del Maurin (2641 slm) e dal colle di Bellino (2942 slm)

Dopo l’arrampicata, almeno ora come ora, credo che l’escursionismo sia il modo più bello di andar per monti. Ritrovarsi in una vallata laterale sopra Chiappera, per esempio, in una calda giornata infrasettimanale d’inizio luglio, senza rumori intorno se non quelli dei tuoi passi o di qualche gracchio, credo sia una delle esperienze più soddisfacenti e complete, per questo son convinto che prima o poi tornerò alla montagna nel modo più semplice e naturale possibile.
Proprio in quest’ottica e anche per fare delle vacanze per così dire “alternative”, durante l’estate del 2011 si è deciso con Elena e Mario (vecchio amico, appassionato di montagna pure lui) d’intraprendere un trekking ad anello tra la valle Varaita, l’Ubaye e la val Maira, cercando, quantomeno questa era l’idea iniziale, di appoggiarci il meno possibile a strutture di bassa valle e contando di salire anche qualche bella cima. La pianificazione, fatta davanti a qualche litro di birra e come al solito molto ottimistica (…) rispetto a quello che era il nostro livello di allenamento, comprendeva il partire il più leggeri possibile, ma al contempo con un equipaggiamento che ci consentisse un’autonomia per il 60% del viaggio, dato che contavamo di dormire in bivacco, a parte una puntata a Maljasset e una a Chiappera. Questo naturalmente voleva dire portarsi a spasso un “bambino” notevole in spalla e naturalmente la consapevolezza che gli abiti di partenza in linea di massima sarebbero stati quelli del ritorno, con un contorno di profumi deliziosi!

1° giorno - S. Anna di Bellino
Si parte!! Bambino in spalla... hemm, volevo dire zaino in spalla!
La partenza è all’insegna della baldanza assoluta, per i primi 20 metri, ma comunque abbandoniamo la macchina sopra Sant’Anna di Bellino con i migliori propositi e soprattutto con un cielo splendido e un sole atroce! Primo obiettivo del nostro giro: bivacco Boerio sotto al Mongioia! 

Pausa caffè. 


La salita vola via abbastanza bene, con Mario che naturalmente è sempre davanti a noi di qualche centinaio di metri ed io con Elena che invece rantoliamo pietosamente, ma non ci fermiamo. Intanto il tempo sembra peggiorare e bagnarsi il primo giorno non sarebbe bello (sempre per il discorso fatto prima in merito al cambio di vestiti che ci portiamo dietro), però proseguiamo fino al bivacco che ci compare davanti in pieno stile fantozziano-arcangelo Gabriele! Bellissimo, pulito, grande e, non per peccare di egoismo (ma chi di noi non l’ha mai pensato???), tutto per noi!


Dopo tanto faticare eccoci arrivati al Bivacco Boerio.
Prima di sistemarci l'ultimo sforzo per raggiungere la cima del Mongioia:
nella foto è alle nostre spalle.
Il posto è stratosferico, in valle le nuvole credo stiano facendo un bel casino, ma qui il cielo è pulito e la cima del Mongioia ci aspetta, quindi veloce tappa e poi su a finire la giornata (e il fiato); il panorama è semplicemente favoloso, in lontananza il massiccio degli Ecrins, vicino il Monviso e lontano, molto lontano alla nostra vista dato che sarà il nostro obiettivo tra un paio di giorni, l’Aiguille de Chambeyron. Semplicemente saremmo restati lassù per ore, perché qualsiasi cosa vedessimo intorno ci faceva restare a bocca aperta, ma dato che lo stomaco stava chiedendo benzina diciamo che il sentimento è passato bellamente in secondo piano, quindi di corsa al bivacco per una cena da re, quantomeno per noi in quel momento.


Mario, Ele e Fede in cima al Mongioia 

Panorama dalla cima del Mongioia.
Tralasciando la nottata, per me come sempre in bianco ma in quel caso anche per i miei compari, il mattino ci accoglie fortunatamente col sole e quindi partiamo decisi per Maljasset contenti di avere davanti a noi solo discesa.


2° giorno: ci allontaniamo dal Bivacco Boerio per raggiungere Maljasset.
Vicino al rifugio il laghetto dove ci si lavava... moooolto freddo!
Niente di più sbagliato, il tipico errore dell’escursionista da centro commerciale… infatti se la salita sfianca a livello muscolare e polmonare chi come noi non è abituato, la discesa oltre a questo ti distrugge pure le articolazioni e poi a livello mentale è una rottura senza senso! E la discesa in questo caso è davvero eterna… l’unica consolazione è che alla sera saremmo stati in rifugio, quindi con un letto, una doccia e una vera cena, almeno questo era quello che speravamo, mentre in realtà la cosa che più ho apprezzato del soggiorno è stata la partenza del giorno dopo e il ritorno alla solitudine delle montagne. Quindi tralascio a piè pari il giorno 2, se qualcuno è interessato posso dargli il numero di telefono e l’indirizzo di dove siamo stati in modo che possa verificare di persona…


Maljasset ci da il benvenuto con una splendida chiesetta
(con una storia bellissima) e la luna piena
Giorno 3: un’altra volta cielo limpido e sole a palla, un’altra volta salita spaccagambe in direzione del bivacco Barenghi in alta val Maira. Partiamo bello contenti perché, oltre ad aver abbandonato Maljasset, il nostro obiettivo è la vallata per noi più bella del mondo, ma purtroppo la discesa sfiancante del giorno prima si fa sentire soprattutto su di me ed Elena, che abbiamo le ginocchia distrutte, mentre Mario implacabile va avanti come un trattore. Come dicevo, la sgambata di oggi dovrebbe portarci al Barenghi, un bel bivacco che sarà la nostra base per la salita all’Aiguille de Chambeyron, ma prima di arrivarci l’idea sarebbe quella di fare qualche bella cima che incontreremo sulla nostra strada, tra cui il Ciaslaras che, una volta raggiunto il colle del Marinet, si sale con una breve deviazione, quindi non ci richiederà troppo tempo ne dispendio di energie. Purtroppo però la condizione fisica peggiora e ci ritroviamo a dover decidere che fare quando siamo al colle del Maurin: da una parte l’idea di continuare ci stuzzica, perché comunque per arrivare al Barenghi da qui non manca molto, dall’altra sappiamo già che il giorno dopo la stanchezza sarà ancora maggiore e salire sull’Aiguille in queste condizioni è impensabile, le difficoltà non sono solo escursionistiche e noi per mantenerci leggeri non abbiamo portato attrezzatura.


3° giorno: eccoci arrivati al Colle del Maurin
Decidiamo quindi di sentire al Campo Base a Chiappera, dove invece saremmo dovuti arrivare l’indomani, se potessero ospitarci un giorno prima, ma purtroppo è ferragosto quindi tutto pieno. Che fare a questo punto? Ormai abbiamo iniziato la discesa verso i pastori, quindi risalire verso il Barenghi è fuori discussione, dormire a Chiappera pure, decidiamo per quella che sembrerebbe la soluzione migliore: continuare fino a Sant’Anna di Bellino. Abbiamo già parecchie ore nelle gambe e iniziano le allucinazioni: mucche dai denti a sciabola che c’inseguono, pastori che compaiono e scompaiono nel nulla…


La bellezza del gruppo Castello-Provenzale e sullo sfondo,
immerso nelle nubi, l'Oronaye
La salita verso il colle di Bellino diventa quasi un pellegrinaggio a Lourdes, la discesa è per noi il periplo del Kailash, arriviamo dalle macchine dopo oltre 9 ore con l’unico pensiero di una bionda fredda (e non pensavamo, in particolare Elena, ad una svedese!).


Fede, Ele e Mario raggiungono anche il Colle di Bellino

La discesa verso S. Anna di Bellino: lunga, stancante e umida!
La sola magra consolazione è che dopo 3 giorni di tempo strepitoso, ora inizia a piovigginare, però il fatto di aver dovuto rinunciare in anticipo  ci fa girare non poco le palle, quindi come ogni volta che ci si ritrova seduti al bar dopo neanche un’ora s’inizia a pianificare il prossimo trekking, con tutte le migliorie del caso, con maggiore allenamento e soprattutto mooooolto più lungo di questo. Sicuramente, ma il giorno dopo eravamo già spalmati in spiaggia a prendere il sole…   
Fuor di dubbio che comunque l’esperienza sia stata bellissima, ottima compagnia e posti di cui m’innamoro sempre di più ogni volta che li rivedo, per noi la val Maira ha sempre avuto un significato particolare e anche Elena, che la conosce da poco, ci si è affezionata subito. In Granda di vallate stupende ne abbiamo tante, io direi anche tutte, ma questa per qualche motivo particolare che spesso non riesco neanche a spiegarmi, resta la nostra preferita; chi non l’avesse mai vista potrebbe immaginare di guidare in un canyon opprimente per un’oretta ed arrivare ad un certo punto dove tutto si apre meravigliosamente su prati e montagne con una pinna di quarzite in centro alla valle che magnetizza l’attenzione. Escursionismo, arrampicata, boulder, anche solo semplice svacco, qui tutto questo è possibile e nel contempo tutto assume un non so che di speciale! E tornare a casa e ogni volta più dura...

 ATTORI PRINCIPALI 

Elena...

Fede e Mario!

mercoledì 16 gennaio 2013

ELLERO BLOC

Ho iniziato ad arrampicare proprio tra la val Ellero e la val Maudagna, da una parte col pad dall’altra con la corda. Mitica la falesia di Miroglio, quando ancora la spittatura non era proprio a prova di bomba (le soste ancor peggio…), i tiri non erano regalati e si andava per provare nomi che per noi erano mitici, come la placca grassi, placca belzebù, miss incastro. Oh, non parlo di decenni fa chiaramente, ma soltanto alcuni anni, pochi…
Invece in Ellero si andava armati di pad, tutti i we e d’estate pure di sera. All’inizio si stava nelle cosiddette “zone basse”, tra gli schiaffi, la bestia, il tetto, perché la casa, coi suoi gradi, l’altezza eccessiva e i “big” che ci bazzicavano, c’intimoriva troppo. Parlo al plurale, perché eravamo sempre, con ogni tipo di meteo, io e funsu, a prendere sberle, a stampare qualcosa ogni tanto, a rovinarci dal mattino alla sera.
Poi pian piano s’iniziò pure a girare il resto del pianeta “Rastello”: la casa, la vela (che strizza…), petra, il gigiat e pure qualche masso che sul topò non c’è. E, con un po’ d’allenamento e tanta costanza, iniziarono ad entrare anche alcuni passaggi un po’ più duri o di soddisfazione.
Per me Rastello rappresenta l’area perfetta del cuneese: frequentabile pressochè in ogni stagione, esigente nel tipo di arrampicata, non regala nulla soprattutto nei passaggi storici, quando vai ci trovi sempre qualcuno che conosci e con cui scambiare una parata e 2 parole. E si continua ad andarci naturalmente, per continuare a prendere bastonate e per farle prendere pure ad Elena, che nel frattempo si è affezionata sia al boulder che a Rastello: dalle nostre parti non se ne può fare a meno (non delle bastonate eh…)  Per questo allego la lista dei passaggi che ho trovato più belli e remunerativi (naturalmente nei miei limiti), sperando di invogliare più gente possibile a venire a provarli!

TARGASSONNE




Vacanze di Natale 2012. Sembra il titolo di un film degli anni 80, in realtà è il racconto di un viaggetto che ci siamo concessi per visitare una nuova area blocchi che ancora ci mancava, tra la Francia e la Spagna.
Questa volta partiamo camperizzati con Elena, in modo che il meteo non ci possa mandare a monte tutto: brutto da una parte? Bene, noi si va dall’altra! In realtà il meteo sarebbe stato l’ultimo dei nostri problemi… dopo un viaggio a dir poco eterno (bello il camper…) finalmente si intravedono i primi blocchi e qui la stanchezza per un momento scompare. Il paesaggio intorno è piuttosto lunare, desolato, ma pur essendo a quasi 1.600 m. di quota il caldo si fa sentire, anche se decisamente secco (e quindi portatore di aderenza! ); il campeggio invece è da paura: pulito, comodo ai blocchi, completo dei servizi essenziali e oltre. 



Anche la compagnia di Claudia e Ale è ottima come sempre, con loro c’è la sicurezza di arrampicare ad oltranza, senza badare troppo al grado ma piuttosto alla bellezza dei passaggi da provare, e per me questo è importantissimo.

Claudia si spalma...
...ale speriamo di no!

Il meteo, come dicevo, è stato davvero l’ultimo dei nostri problemi, anche se poi di grossi problemi in realtà non ne abbiamo avuti. Comunque il sole ha spinto senza sosta per tutti i giorni (pochi) che siamo stati li, permettendoci di scalare in maglietta ma nel contempo sfruttando un’aderenza ottima per quasi tutto l’arco della giornata; si saltava senza sosta da un blocco all’altro, da un’area all’altra.



A proposito, la figata assoluta di questo posto è che volendo al mattino esci dal letto ed inizi a scalare, perché i blocchi sono tutt’intorno al campeggio, anche se onestamente secondo me l’area più meritevole è quella più lontana (oddio lontana, son 2 km…).
Enormi uova di granito coloratissimo appoggiate su prato, cadute perlopiù ottime anche se le altezze a volte son importanti, tacche poche (ma dolorosissime) e tanti piatti da rimontare con tutto il corpo, uscite spiazzanti anche sui boulder più facili, niente di scontato soprattutto sui gradi che invece uno si aspetterebbe di maneggiare in scioltezza!


Elena lancia cattiva!

La pelle delle mani già dopo il primo giorno inizia a diminuire, non so onestamente come facciano i nostri 2 compagni di viaggio a continuare a scalare, son qui da un paio di giorni più di noi ed ho male io per loro! Anche le braccia e i pettorali ne risentono, il tipo di arrampicata è davvero totale, ma i passaggi, la roccia, la compagnia, tutto è troppo bello, quindi si parte subito dopo la colazione e si tira avanti fino a sera, fino al tramonto, fino alla cena e al dopo cena, tutti insieme a ridere e pensare già ai passaggi del giorno dopo, oppure a parlare di arrampicata (che strano) o a vedere un paio di video di boulder (con enorme gioia di Elena…).





Colori del tramonto
Aperò vista blocchi
Non sto a parlare di prestazioni, gradi o nomi di alcuni blocchi piuttosto che altri, perché la cosa veramente bella è stata l’esperienza del viaggio e di poter vedere un posto nuovo, di avere come unico pensiero il vagare tutto il giorno in mezzo ai massi in cerca della linea perfetta da provare, di sparare un paio di cazzate ogni tanto (nel mio caso neanche poi così raro…) e di tornare al campeggio disfatti e contenti. Purtroppo, come tutte le cose belle, anche questa volta tutto finisce abbastanza in fretta: Claudia e Ale son in partenza alla volta di Albarracin, noi ci concediamo ancora mezza giornata di tentativi, ma anche il meteo sembra peggiorare, quindi si decide in fretta e furia di tornare a casa, per evitare di trovarci nella cacca col camper. Un altro posto stratosferico visitato, ci ripromettiamo di tornarci meglio organizzati quanto prima, come capita sempre… può essere, per il momento non riusciamo a fare a meno che guardare ogni giorno le foto fatte, con la lacrimuccia!


Sulle croste

Dov'è, dov'èèèèèèè?????